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Associazione culturale Sogno Clown onlus
... sogniamo insieme... |
^^^^^^^^ "La risata è la più piccola distanza tra due persone" Borge Victor
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Ogni clown dottore redige un diario in cui scrive i piccoli e grandi momenti emozionanti dell'attività in ospedale e non solo. Ecco alcuni brani dei nostri diari solo per voi...
Dal diario della Dott.ssa Patata Clown dottore dell’Ass. Sogno Clown Ospedale Macciotta (CA), reparto di N.P.I. ottobre 2009
Da qualche settimana Sogno Clown ha iniziato a lavorare nel reparto di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Macciotta di Cagliari. Per me si tratta del primo ingresso in un reparto così particolare e sono emozionantissima per questa nuova esperienza al fianco della Dottoressa Nikilina. La caposala, non appena viene ad aprirci la porta, ci informa che quel sabato, ci sono solo due pazienti una delle quali, C. è in preda ad una forte crisi depressiva e che, nonostante i numerosi tentativi non siano riusciti a calmarla. Noi ci scambiamo un’occhiata di intesa e senza dire una parola andiamo a prepararci. Abbandoniamo rapidamente le vesti di Valentina ed Isabel per calarci nei panni di Patata e Nikilina cercando di raccogliere tutte le nostre energie positive. Quando entriamo nella stanza troviamo C., una ragazzina di circa 16 anni dai lunghi capelli neri ondulati, sdraiata a pancia in giù sul suo letto che pronuncia frasi confuse tra le quali risulta inesorabilmente chiaro:- Voglio morire!!! Dentro di me quelle parole risuonano forti e terribilmente ingiuste, soprattutto se a pronunciarle è una ragazza così giovane che ha tutta la vita davanti. Valentina avrebbe avuto voglia di dirle :-Ma cosa stai dicendo? Cos’hai? Perché fai così? Tutte frasi che sicuramente si era sentita ripetere centinaia di volte e che non l’avevano sicuramente aiutata. La Dottoressa Patata e la Dottoressa Nikilina hanno per fortuna altre armi per tirarla su. Ci avviciniamo, facciamo qualche battuta tra di noi e iniziamo a giocare con il cuscino che poco prima lei aveva scaraventato per terra davanti ai nostri occhi in segno di rifiuto. C. smette di divincolarsi sul letto ed anche se ancora non ci mostra il suo volto, non piange più, ci sta ascoltando, è scoccata la scintilla. Non potevamo fare altro che cogliere l’attimo e quello stesso cuscino che era stato oggetto dello sfogo della sua rabbia, diventa magicamente il suo compagno di giochi. Lo usiamo come se fosse animato e dispettosamente fosse lui a volerci nascondere il volto della ragazza e non viceversa. C sta al gioco e il suo sorriso si trasforma ben presto in una risata. Da quel momento in poi la stanza ha cominciato a emanare una fortissima energia assimilabile a quella della luce del mattino che avvolge una stanza appena sollevate le tapparelle. E’ stato poi un susseguirsi di gag, trucchi di micromagia, sculture di palloncini, canzoni e viaggi immaginari sul letto trasformato in astronave. Incredibilmente era già trascorsa più di un’ora ed era tempo di andare, l’altra piccola ospite del reparto ci aspettava... C. ora è tranquilla, serena, dice di avere voglia di riposarsi un pochino, sistema il cuscino e vi poggia delicatamente la testa per poi rimboccarsi le coperte. Ci saluta con un sorriso e chiude gli occhi. Per lei è ora di riposarsi e fare solo dei bei sogni.
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Dal diario della Dott.ssa Mollettina Ospedale Macciotta (CA), Reparto di N.P.I. novembre 2009
Quando arriviamo F. è nella sala comune, quella dove si mangia, si gioca, si guarda la tv... si sta assieme, insomma. Con lui c'è la zia e un altro bambino con la mamma. Le altre due ricoverate hanno colloqui o esami e non ci sono. In stanza ha i bagagli pronti. È in dimissione. Lo conosciamo già F.: è il ragazzo per cui una settimana prima l'infermiera ha detto a Nikilina “È un tetraplegico: non vede, non sente... non serve che veniate: non capisce” ed è finita che Nikilina e Prezzemolo sono andati lo stesso, hanno fatto un ottimo intervento, con lui, con la madre e con un'altra ragazza ricoverata proprio sabato. Comunque... so che le bolle lo attirano e difatti, quando le faccio per seguire il gioco di Iris con A., l'altro bimbo, cerco di mandarne un po' su di lui, cercando di capire come muovermi. I suoi occhi si muovono avidi a seguire le bolle... sembra che non gli basti mai. E allora continuo per un po' e lentamente mi sposto all'interno di quello che intuisco il suo campo visivo. Cerco di coinvolgere la zia: con l'intento di costruire una spada x scoppiare le bolle gonfio un palloncino giallo. I suoi occhi ne seguono i movimenti, ma il suo viso rimane nella stessa identica posizione. “Non vede” mi conferma la zia “Cioè... gli occhi son buoni, ma il nervo ottico non è connesso, però... e afferra il palloncino e glielo fa stringere tra le mani e F. si incuriosisce, cambia la respirazione e pure l'espressione del viso... “Sentire sente... con le mani, col tatto...” e inizia ad accarezzarlo. Io mi unisco a lei, dolcemente, senza parole e piano piano... finisco dietro la sua sedia a rotelle, a fargli uno sciampo immaginario con tanta tanta schiuma finta... con tanto di frizione antiforfora e così via... lui mugugna sempre più soddisfatto... e sorride, con quel sorriso che sembra un ghigno di chi la sa veramente lunga. Arriva il papà “Adesso può andar via davvero... non poteva lasciarci senza una visita della nostra sciampista, Dott.ssa Mollettina...” scherza Iris, tra le risate della zia.
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Dal diario della Dott.ssa Iris Clown dottore dell’Ass. Sogno Clown Ospedale Brotzu (CA), reparto di pediatria luglio 2009
Dopo un giro tranquillo in reparto io e il dottor Prezzemolo prendiamo il nostro solito portapacchi, carichiamo tutta la nostra roba e ci dirigiamo verso il pronto soccorso. Troviamo pochi bambini, ma uno di questi G. deve essere ricoverato e strilla perché terrorizzato. Presto fatto ci presentiamo e gli proponiamo di essere accompagnato da noi in stanza, naturalmente con tanto di bolle musica e palloncini. Controlliamo che la stanza sia quella giusta, quella dove suona tutto e gli presentiamo il suo compagno di stanza, L. un bimbo simpatico e vivace che abbiamo conosciuto durante il giro visite. Fanno subito amicizia e quando andiamo via li lasciamo che chiacchierano, tutti sono più rilassati, il nostro compito è finito e noi andiamo a cambiarci.
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Dal diario della Dott.ssa Mollettina Oratori di Fruttidoro, Capoterra (CA), alluvione del mese di ottobre 2008
Mi è sempre piaciuta la pioggia: i rumori, gli odori, gli ombrelli colorati, le scarpe che fanno cic-ciak... l'acqua che scende dal cielo e purifica la città dallo smog e dalla polvere o che scende a benedire la terra asciutta, con quel suo odore caratteristico di erba appena tagliata. Ma qui a Capoterra la pioggia del 22 ottobre ha portato fango, distruzione e 5 morti. I ragazzi del paese e dei borghi limitrofi hanno perso le case, le strade, le scuole... tutto. È la furia distruttrice della natura che quando è troppo offesa sa esser più che matrigna. Quando arriviamo noi, il disastro è già accaduto da più di una settimana. Ci chiamano le maestre per dare una mano con i ragazzi, sono tanti e sono spaventati e in più irrequieti. Ci credo, da otto giorni sono stipati nel seminterrato della chiesa, nei locali dove lavorano gli Scout. Sono almeno trentacinque ragazzi in due stanzoni quadrati. L'età varia dai quattro ai diciassette anni. Gli adulti li han lasciati all'oratorio, perché così possono occuparsi degli aspetti pratici: verifiche sulle case, spalare fango, detriti dalle strade... c'è tanto da fare e in queste situazioni è una preoccupazione in meno. Ma loro soffrono la cattività, soprattutto i più grandi. E in più piove. Piove tanto. E la pioggia è paura. E la paura è... emozione subdola e spesso negata che non si manifesta come nei film in modo esplicito, ma con un nervosismo sottile. Le maestre ci dicono “oggi non sappiamo più come tenerli”. Ci cambiamo e usciamo fuori, nella carriola abbiamo palloncini, bolle di sapone musica e i nostri soliti attrezzi, ma non servono. Tentiamo di prenderli con la magia, con la giocoleria. Niente... alla fine ed è vera è propria ispirazione... ci guardiamo con Patata e proponiamo. “Adesso facciamo una gara. La gara tra lettere. Secondo voi, qual è la vocale più forte?!?” I bambini e i ragazzi (sì, anche i ragazzi) si affollano x rispondere, con lo stesso nervosismo per cui non riuscivamo a prenderli. Ma ora sono curiosi e si spintonano x rispondere. “A” “I” “E”. Bene... riusciamo in qualche modo a metterli in gruppetti e ad ogni gruppo assegniamo una vocale. “Adesso vediamo chi è la vocale più forte. Pronti...? Al mio tre, tirate fuori la voce per urlare la vostra vocale”. Una bambina ci guarda esterrefatta “Ma davvero possiamo...?” “Certo. Una gara è una gara.” non penso di poter mai dimenticare il lampo di felicità nel suo sguardo. “Uno due e... tre. Sentiamo le A” e via loro ad urlare la vocale. “Ed ora sentiamo le I” e l’urlo di un’altra vocale riempie l’aria, “ed ora le E”. “Adesso tutti assieme”. I bambini e i ragazzi urlano via la rabbia di esser rinchiusi, la paura della pioggia, la voglia di scappare, la nostalgia di casa... tutte le emozioni represse sembrano uscire con quelle urla, come quando picchi un cuscino... hanno un loro spazio, finalmente accettate, possono essere vissute, scaricate, esperite ed abbandonate, per far spazio a nuove emozioni e a nuove esperienze. Adesso possiamo cominciare… dove eravamo rimasti?! Ah, sì... la magia e i giochi di gruppo.
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Dal diario della Dott.ssa Polpetta e Nikilina Clown dottori dell’Ass. Sogno Clown Ospedale Macciotta (CA), reparto di N.P.I. ottobre 2009
Dopo aver indossato i loro abiti ed il camice bianco ma in realtà colorato più che mai, la dott.ssa Polpetta e la dott.ssa Nikilina sono pronte a passo invisibile ad entrare in corsia, c'è solo un ragazzo di 17 anni in reparto. Arriviamo nella stanza di M. e bussiamo, dopo un lungo silenzio la porta si apre di pochi centimetri, intravediamo un occhio scurissimo e spaventato, poi la porta si richiude. L’infermiere cerca di darci una mano ed entra per convincerlo a stare un po’ con noi, ma non ottiene alcun risultato. Mentre esce gli chiediamo di non chiudere la porta, così ci sediamo per terra davanti alla camera e cerchiamo di attirare la sua attenzione con un po’ di giocoleria. M. è seduto davanti al tavolo e finge di fare le parole crociate, con il braccio cerca di coprirsi per non essere visto. Polpetta riesce con una delicatezza innata ad entrare in contatto con lui e Nikilina la segue. Gli chiede così di porci qualche quesito poiché noi siamo dotate di grande intelligenza e siamo sicuramente in grado di rispondere a qualunque domanda. La domanda è più difficile del previsto, ci chiede se esista o meno “ L’aldilà”! Ma certo che esiste, incalziamo noi: esiste l’aldiquà e l’aldilà! Bene ci dice M., sempre cercando di non scoprire il viso, allora io ci voglio andare. Ma a me e a Nikilina l’affermazione non spaventa: vuoi andare nell’aldilà? Sai che noia… qual è la cosa che ti piace di più? Ci pensa un po’ e risponde: le giostre! Eh eh.. diciamo noi, nell’aldilà le giostre non ci sono! Anzi è vietato andarci! Sembra essersi convinto… il momento sembra buono e così continuando a giocolare facciamo cadere una delle nostre palline vicino ai suoi piedi. Lui cerca di raggiungerla, vorrebbe rimandarcela ma non riesce a trovarla con i piedi e non vuole scoprirsi il volto per cercarla. Gli chiediamo allora il permesso di entrare per prendere la pallina e lui dice si! Una volta entrate ci sediamo per terra accanto al tavolo e gli chiediamo il permesso di restare, ed ecco un altro si! E' divertito, ride alle nostre battute ma cerca di non farsi vedere. Ad un certo punto tra una chiacchiera e l’altra arriviamo a parlare della scuola, M. dice che a lui piacerebbe che il presidente della Repubblica, Silvio Berlusconi, (sob!) riaprisse le scuole professionali. Gli proponiamo allora di scrivergli una lettera, l’idea piace molto a M. il quale si illumina, si drizza sulla sedia mostrandoci finalmente il suo volto e poi si alza chiedendomi di sedermi per scrivere e ci fornisce carta e penna. Gli chiedo di sedersi per aiutarci e noi ci inginocchiamo accanto al tavolo per scrivere mentre lui detta. La lettera è bellissima M. chiede la possibilità di una scuola nella quale potersi “riattivare” e poter studiare informatica, meccanica e Kick Boxing! Ormai siamo diventati amici, mettiamo la lettera in borsa, pronta per essere spedita e iniziamo a giocare con lui, dopo un po’ ci chiede: Ma perché fate questo?- Per giocare con te - gli rispondiamo! Non sembra esserne troppo convinto ma è arrivato il momento di andare, ci guarda e dice: Che peccato prima io non volevo giocare con voi e ora dovete andare via… Ci tratteniamo ancora un attimo, ma è ora di cena e l’infermiere viene a chiamarci, salutiamo M. e mentre siamo sull’uscio della porta ci dice: quando potrò rivedervi? Un brivido ci scorre veloce sulla schiena, gli sorridiamo e rispondiamo: molto presto! Porteremo per sempre nel nostro cuore il suono della voce di questo ragazzo che appena ci vide parlò della morte, ma prima di andare via ci chiese di restare ancora e ci regalò un sorriso magico.
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Dal diario del Dott. Prezzemolo Clown dottore dell’Ass. Sogno Clown Ospedale Macciotta (CA), reparto di pediatria gennaio 2009
Finalmente sono riuscito ad andare in ospedale con Iris, è la prima volta che andiamo assieme, quindi dovevamo ancora far incontrare Dottor Prezzemolo e la Dottoressa Iris, i nostri clown. Appena arrivati, neanche indossati i vestiti clown, un’infermiera disperata ci ha chiesto di andare in una stanza in cui un bambino piangeva da non so quante ore e non riuscivano a calmarlo. Ci siamo preparati in fretta e furia e ci siamo presentati alla porta del bambino in lacrime. Un bambino di circa due anni e con lui stavano la madre ed alla nonna. Era esasperato dallo stare in ospedale. Ad occupare l’altro letto della stanza un’altro bambino ricoverato di circa 11 anni, da solo, che, come dicono a Londra, non ne poteva più le basette del pianto dell’altro; ma è troppo educato per lamentarsi. Non poteva capitarci una situazione peggiore per il primo incontro dei nostri due clown. Appena ci ha visto ha piegato la testa sulla spalla della madre pur di non vederci mentre noi abbiamo incominciato a fare le bolle fino a perdere il fiato. Le bolle, vuoi la loro rotondità perfetta, hanno il potere magico di acchiappare tutti i bambini, sia i grandi che i piccolini. Appena ha visto le bolle con la coda dell’occhio ha smesso di piangere, ma non ne voleva sentire di staccare la faccia dal collo della mamma facendo la parte di quello anche un po’ infastidito. Abbiamo continuato con la musica e poi con Dodo, la marionetta Iris. Finalmente ci ha degnato delle sue attenzioni rivolgendoci due bellissimi occhioni ancora lucidi dalle lacrime, ma non ancora il suo sorriso. Nel frattempo è arrivato il padre dell’altro bambino, quello di 11 anni. Ci eravamo visti la settimana prima ed avevamo fatto la gag delle pulci saltanti, così mi ha chiesto come stesse Ettore. Iris non conosceva ancora Ettore e mi ha guardato incuriosita. Non potevo che approfittare dello spunto per riproporre la gag di Ettore e Guendalina, le inesistenti pulci saltanti. Ho fatto uscire Ettore con i suoi salti di mano in mano e qualche volta sulla testa dei presenti. Il bambino ha incominciato a ridere nel vederci giocare tutti assieme, la madre, la nonna, quel giovane uomo di undici anni con suo padre e noi. Missione compiuta, il bambino era tranquillo. Abbiamo continuato un altro po’, fino a quando il bambino si è completamente tranquillizzato. Quando siamo ricapitati di fronte alla stanza alla fine del turno, la madre ci ha ringraziato perché il figlio piangeva da qualche ora e non riusciva a calmarlo, almeno non fino a quando non sono intervenuti Prezzemolo ed Iris.
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